ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Il tempietto di Santa
Maria della Salute
di Andrea Bentivegna
21/11/2015 - 02:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Piazza del Sacrario ha una precisa data di nascita: il primo novembre 1936. Prima di allora questo luogo non esisteva, qui scorreva infatti l’Urcionio e proprio laddove oggi vi è il grande slargo sorgeva un ponte, detto Tremoli, che collegava le due parti di città.

Questa parte di Viterbo ha però anche un padre, il federale Zampi, solerte funzionario del regime, che decise di istituire qui il Sacrario per i caduti della Rivoluzione Fascista e di tutte le guerre. Per ospitare questo luogo altamente simbolico si decise di restaurare e riportare alla luce un piccolo e antico tempio che giaceva allora in uno stato precario, quasi sommerso tra le case che nei secoli gli erano state costruite a ridosso inglobandolo.

Le demolizioni iniziarono senza indugio e in pochi mesi tornò alla luce un piccolo, elegantissimo tesoro dell’architettura cittadina. Si trattava di una chiesetta un tempo conosciuta con il nome di Santa Maria della Peste.

La sua costruzione si fa risalire, secondo quanto ci narra Pinzi, al 1494 quando, secondo la tradizione, un’antica immagine della Madonna che si trovava da queste partì contribuì a salvare la città da una terrificante epidemia di peste che la colpì alcuni anni prima.

La costruzione, a pianta ottagonale sormontata da una cupola formata da mattoni disposti a squame che si conclude con una slanciata lanterna. Lo stile del resto è indubbiamente cinquecentesco e questo ha spinto alcuni storici ad attribuirne il progetto nientemeno che a Bramante. In effetti confrontandola con altre opere del famoso architetto rinascimentale l’ipotesi è tutt’altro che improbabile, soprattutto ricordando che l’artista, a pochissimi anni di distanza, tra il 1506 e 1508, era al lavoro alla Rocca Albornoz per trasformarla, su incarico di Giulio II, in una elegante residenza papale.

Sappiamo poi, da alcuni documenti, che già intorno al 1590 un cittadino inoltrò una richiesta ai frati della vicina chiesa di San Giovanni Battista degli Almadiani per poter costruire la propria abitazione, ''aggrappandosi'' direttamente a un lato del tempietto. I fratti acconsentirono e in pochi anni altre sorsero costruzioni e inglobarono il monumento nascondendolo sino al Novecento quando, come abbiamo visto, fu liberato, restaurato e riportato all’antico splendore per divenire il Sacrario.





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